Lunedì, 17 febbraio 1992.
È il giorno in cui inizierà uno scandalo a Milano che darà il via ad un inchiesta giudiziaria che cambierà la Storia d’Italia: Mani Pulite.
Viene arrestato Mario Chiesa, socialista, presidente del Pio Albergo Trivulzio, accusato di concussione.
Ancora però, nessuno si è accorto che si sta per scoperchiare il vaso di Pandora e sul Corriere della Sera del giorno dopo, la notizia viene riportata sì in prima pagina, ma l’articolo principale viene inserito a pagina 40, nella cronaca locale di Milano.
Alcune ore prima dell’arresto di Mario Chiesa, un uomo si reca per passare la serata alla Birreria Stalingrado in Via Biondi, vicinissima a Corso Sempione. L’uomo è un amico del proprietario del locale.
È ancora domenica sera e lui, come tutti quanti, è ancora ignaro che sta per cambiare la Storia del nostro Paese.
Non sa neppure che alla fine della serata, a notte fonda, scoprirà qualcosa che non dimenticherà per il resto della sua vita.

Il prof. Romeo Pozzato, medico legale autore di tutti gli esami forensi di questo caso, inizia a trarre le sue conclusioni.
La vittima era di sesso maschile, giovane, sui vent'anni. Alto tra 1.58 e 1.65, gruppo sanguigno A positivo.
La causa del decesso è ignota ed impossibile da stabilire. Del resto si tratta solo di due gambe e di un bacino a cui sono rimaste soltanto le ossa.
Lo sconosciuto è stato tagliato a pezzi facendo uso di una sega meccanica e di un coltello con azione discontinua.
La morte risale a 30 - 40 giorni prima del ritrovamento, quindi agli inizi dell’anno.
I resti sono stati conservati in un ambiente non refrigerato con temperatura tra i 4 ed i 6 gradi.
Quindi un ambiente non riscaldato, ma nemmeno una cella frigorifera. Il cadavere è stato fatto a pezzi su un tavolo o un bancone con la disponibilità di uno scarico attiguo per smaltire l' abbondante quantità di liquami e sangue durante l’operazione di depezzamento.
I resti poi sono stati messi dentro un comune sacco dell' immondizia avvolti in una tenda ed in tovaglie dello stesso tipo di quelle usate dai ristoratori.
Tibie e peroni sono stati piegati piegati sotto le ossa femorali con un elastico per porta pacchi.
L' assassino ha tentato di segare via le gambe ma poi ha rinunciato. Pur non conoscendo le cause del decesso, il medico legale è praticamente sicuro di trovarsi di fronte ad un omicidio.
Secondo il perito, il killer è una persona esperta di anatomia umana e usa bene il coltello (forse lo fa per mestiere).

Un serial killer a Milano?
Sono passati sette mesi dall’arresto di Jeffrey Dahmer, il Mostro di Milwaukee, un caso che ha fatto molto scalpore nelle cronache anche in Italia. Il ricordo delle gesta di quel serial killer americano ricordano il caso di Via Biondi: il Giallo delle Ossa, come viene chiamato dal cronista del Corriere della Sera Paolo Chiarelli.
Il giornalista prende a cuore questa vicenda ed inizia ad indagare e pubblicare una serie di articoli sugli sviluppi del caso.
Non c’è giorno in cui non cerchi pareri del medico legali o di esperti psichiatri e criminologi.
Tra questi c’è anche Vittorino Andreoli che propone una sua visione sulle pagine del Corriere: si parla anche di possibile cannibalismo.
Ma l’assassino è un serial killer?
Non si sa, in effetti siamo di fronte alla scoperta di un solo cadavere. Forse ci sono stati altri delitti, mai scoperti, dove le vittime sono poi scomparse per sempre all’interno dell’inceneritore dei rifiuti.
Se l’avventore di una birreria non avesse urtato quel sacco, questo omicidio non sarebbe mai stato scoperto.
Probabilmente la parte restante del corpo - che non è stata mai ritrovata - è finita davvero dentro l’inceneritore.
Oppure, se l’assassino non si era ancora sbarazzato della parte rimanente del corpo, potrebbe essere finita sepolta chissà dove. In varie città d’Italia, in quel periodo sono stati scoperti diversi cadaveri mutilati e gettati nei cassonetti, ma l' ipotesi privilegiata dagli inquirenti in quei casi era sempre la stessa: regolamento di conti all’interno della criminalità organizzata. Però, sembra che gli investigatori della polizia di Milano la pensino come il giornalista Paolo Chierelli: l’assassino potrebbe effettivamente essere un serial killer.
Ma a chi apparteneva quel cadavere di sesso maschile? Racconta Chiarelli sulle pagine del Corriere, che qualcuno sospetta che possa trattarsi di un transessuale sudamericano, un viado come venivano chiamati all’epoca, che si prostituiva in corso Sempione (a pochi passi da via Biondi) sui venticinque anni di età, di cui si conosce solo il soprannome.
Risulta scomparso.
Forse è lui la vittima di del Giallo delle Ossa? È molto probabile, o comunque molto facilmente si tratta di uno straniero.
Infatti sembra che sia stata una delle prime volte in Italia, se non la prima, in cui gli inquirenti hanno chiesto la collaborazione dei genitori dei ragazzi scomparsi nella zona. Il loro DNA è stato comparato con quello dello sconosciuto rinvenuto in via Biondi e purtroppo, l’esito è stato negativo.

Le piste seguite
In quei giorni vengono fatte anche delle ipotesi molto azzardate, a cui però gli inquirenti prestano attenzione.
Una donna che si prostituiva in Corso Sempione racconta di essere stata avvicinata da un tassista una settimana prima della scoperta dei resti umani in Via Biondi.
Le disse di stare attenta perché c’è in giro un tizio alto, biondo, dall’aspetto gentile e coi baffi che uccide le prostitute. Si sposta con una Golf bianca con targa tedesca o austriaca.
Questo racconto fa letteralmente sobbalzare sulla sedia gli investigatori. Un certo Jack Unterweger, autore di una serie di omicidi in Austria era latitante in quel periodo e ricercato dalle polizie di tutta Europa. Jack era finito in carcere una prima volta nel 1974 per aver ucciso una ragazza di 18 anni.
Durante la prigionia iniziò a scrivere e a pubblicare poesie, racconti e drammi teatrali.
Il mondo intellettuale austriaco fece una campagna in suo favore e nel 1990 ottenne la grazia. Una volta scarcerato, Jack uccise almeno altre nove ragazze e il 14 febbraio 1992 - tre giorni prima della scoperta del cadavere in Via Biondi - Unterweger intuì che lo avrebbero arrestato al più presto e fece le valige.
Due settimane dopo la latitanza, Jack venne catturato da agenti dell' FBI a Miami in Florida. Sicuramente non poteva essere lui l’autore del delitto di Milano.
Unterweger uccideva solo donne e il cadavere di via Biondi apparteneva ad un uomo e inoltre Jack si trovava ancora tranquillo in Austria quando lo sconosciuto di Via Biondi veniva assassinato all’inizio di gennaio.
Sapendo che non sarebbe mai più uscito di prigione, Jack Unterweger si impiccò nella sua cella il 29 giugno del 1994.

Torniamo a parlare di fatti più concreti sul Giallo delle Ossa.
I resti umani erano avvolti in alcune tovaglie di tipo comune e di colore bianco (anche se su questo dato le opinioni sono discordanti). Sarebbe lo stesso tipo di tovaglie che ogni cliente trova come coperto nelle trattorie o nelle pizzerie.
Il prof. Pozzato, il medico legale, è convinto che l'assassino sia esperto in anatomia umana o per lo meno animale e che sappia fare un buon uso del coltello; magari lo adopera per mestiere, come macellaio o scuoiatore ma potrebbe anche essere anche il cuoco di un ristorante.
Sembra che la polizia si sia orientata su questa pista che però non ha prodotto alcun sospettato. Infatti, tempo dopo, si scoprirà che non si trattava di tovaglie, ma di lenzuola bianche con disegni floreali gialli.
È anche possibile che sia la vittima sia l’assassino non siano di Milano. Via Biondi è vicina alla tangenziale, quindi potrebbe essere stata raggiunta da qualcuno proveniente da chissà dove che ha scaricato i sacchi in una strada qualunque e in un momento in cui nessuno avrebbe prestato attenzione.
Ma ci sono altre ipotesi che ruotano intorno alla zona del Sempione per arrivare direttamente al palazzo dove di fronte sono stati rinvenuti i resti umani.
All’epoca dei fatti il giornalista Paolo Chiarelli aveva raccolto alcune testimonianze interessanti.
Alcuni abitanti della strada, a notte fonda, avevano sentito disperate invocazioni di aiuto di un ragazzo.
Però tutto questo sarebbe avvenuto alcuni giorni dopo la scoperta dei resti, quindi, non poteva trattarsi della vittima.
La zona del Sempione a quei tempi era frequentata da prostitute, transessuali e persone poco raccomandabili. Alcune di queste stazionavano proprio davanti al civico 3 di Via Biondi.
Secondo alcuni abitanti del palazzo, l’omicida è una persona che conosce molto bene le abitudini della strada.
Per disfarsi dei resti infatti, ha scelto la notte tra domenica e lunedì, quando sicuramente sarebbe passato il camion dell’AMSA per raccogliere i rifiuti. Inoltre quella serata è di chiusura per la maggior parte dei locali notturni presenti nella strada.
Questo significa meno potenziali testimoni nei paraggi.

Ma se il mostro abita in quel palazzo chi potrebbe essere?
All’epoca dei fatti erano 76 i nuclei familiari presenti.
Tra questi - secondo un casigliano - c’è un personaggio strano e molti si domandano perché passi tutte le notti in solaio.
La polizia perquisisce quei locali all’ultimo piano, ma non c’è niente di rilevante. Restano incuriositi però da una grossa cassa, con dentro un centinaio di lenzuola e delle riviste pornografiche, della quale nessuna delle 76 famiglie ne riconosce la proprietà.

Altri casi?
Ma se si tratta di un serial killer, questi ha ucciso effettivamente altre vittime? Il 17 maggio 1992 viene ritrovata la gamba di una donna vicino al cimitero del Musocco, ma pare fosse proprio di proveniente dal campo santo.

Il caso per certi versi più simile si verifica esattamente due anni dopo in provincia di Novara.
Un contadino, passando per il boschetto di Agognate , scorge un paio di sacchi neri della spazzatura.
Per istinto ne colpisce uno con un calcio e lo rompe.
Aprendosi, il sacco rivela il suo macabro contenuto: dei resti umani in stato di decomposizione.
Sul posto, nel giro di pochi minuti arrivano i Carabinieri, la Squadra Mobile della Questura di Novara e la Polizia Scientifica.
Si accerta immediatamente che dentro i due sacchi neri è presente ciò che resta di un uomo, di età intorno ai 25 anni, completamente nudo e tagliato in due parti all’altezza del tronco, forse con una motosega.
Anche per i resti umani di Via Biondi si è ipotizzato l’uso di una motosega, in combinazione però con dei coltelli molto affilati che sono stati adoperati per effettuare la scarnificazione di alcune parti.
Qui, invece, non ci sono scoperture d’osso.
La morte dello sconosciuto risale ad un paio di settimane, forse anche un mese. L’autopsia rivela altri dettagli: l’uomo è stato ucciso a coltellate; è stato colpito ripetutamente all’addome e al torace.
Per tentare di identificarlo, gli uomini della Polizia Scientifica nel corso dell’esame autoptico riescono a prendere le impronte digitali nella speranza che quel cadavere appartenga a qualcuno che sia stato precedentemente segnalato.
Ma l’esito delle impronte digitali è negativo, quindi viene tentato un riconoscimento attraverso i tratti somatici dello sconosciuto.
Nonostante sia in stato di decomposizione, gli operatori della scientifica riescono a ricostruire il volto realizzando un identikit disegnato a mano che verrà poi diffuso sulla stampa locale, senza però offrire ulteriori spunti per l’identificazione.
Con le tecnologie di oggi, siamo in grado di poter rielaborare quell’identikit per renderlo più somigliante con l’aspetto che doveva avere quell’uomo in vita. Infine la Polizia Scientifica tentò anche di individuare delle impronte digitali sui sacchi neri che avvolgevano il cadavere, ma anche in questo caso non si ottennero ulteriori risultati ed il caso rimase irrisolto, esattamente come quello di Via Biondi a Milano.
Venne ipotizzato un collegamento tra i due delitti, ma anche se apparentemente i due casi appaiono simili, ci sono molte differenze, a cominciare dalla tecnica usata per depezzare il cadavere

Tornando a Milano c’è da segnalare un altro caso.
Il 30 aprile 1999, vicino all’aeroporto di Linate in una roggia, vengono scoperti altri resti umani contenuti dentro a dei sacchi della spazzatura.
Si tratta sempre di un uomo, è stato fatto a pezzi ed avvolto con delle tende di una doccia.
Non si trova la testa, solamente gli arti superiori ed il tronco. Pare inoltre che le dita delle mani non siano state ritrovate o che fossero maciullate per impedirne l’identificazione.
Il caso - assieme a molti altri - è riportato anche sul sito del LABANOF, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense di Milano.
Gian Guido Zurli.