La leggenda di una fattucchiera che ha ucciso tre donne, facendo sparire i loro resti dentro ad un calderone e trasformandole in sapone. Questa è la storia di Leonarda Cianciulli, nota alle cronache come la “Saponificatrice di Correggio”. Una vicenda che è stata già raccontata con tante imprecisioni e falsità e che nasconde ancora tanti misteri dopo più di ottant’anni. Una serie di omicidi che nascondono ancora tanti segreti.
La storia di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice, è già stata raccontata in molti libri.
Tuttavia la storia che ci è stata tramandata è piena di imprecisioni e vere e proprie leggende metropolitane, che forse nascondono una verità più inquietante.
Questa vicenda è molto lunga e non si può esaurire in una sola puntata. In questa affronteremo i delitti della saponificatrice e le indagini svolte per fermarla. Nella prossima invece ci dedicheremo ad affrontare il processo, le leggende che sono nate sul caso e le ipotesi alternative alla verità processuale, piena di incongruenze.
Siamo a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Sono i primi mesi del 1941 ed in paese si sentono strani pettegolezzi sul conto di una donna e di alcune sue amiche che sono scomparse, dopo aver annunciato un trasferimento in altre città.
I parenti di una certa Virginia Cacioppo, in particolare la vedova Albertina Fanti, sua cognata, dopo essersi inutilmente rivolti al maresciallo dei Carabinieri di Correggio, denunciano la scomparsa al Questore di Reggio Emilia che incarica delle indagini il commissario Serrao.

I pettegolezzi del paese sulla sparizione della Cacioppo, e di altre donne, puntano su una persona particolare, sempre la stessa: una certa Leonarda Cianciulli, moglie di un impiegato dell’ufficio del registro di Correggio ed abitante al numero 11 di Via Cavour.
La Cianciulli infatti era in rapporti di amicizia con tutte e tre le donne scomparse.
Il commissario Serrao segue le tracce di un Buono del Tesoro appartenente a Virginia Cacioppo che portano ad un prete, un certo Don Adelmo Frattini, parroco in una frazione di Correggio che lo ha incassato. Il sacerdote dichiara agli inquirenti di averlo ricevuto da un suo amico agricoltore: Abelardo Spinabelli che a sua volta dirà di averlo avuto da Leonarda Cianciulli.
Nel frattempo le indagini si estendono anche ad altre donne scomparse ed un certo Medardo Mariani, amico dello Spinabelli e della Cianciulli, risulta essere in affari con loro. Finisce nel mirino degli investigatori anche Emilio Vezzani che aveva fatto l’errore di farsi prestare del denaro dalla Cianciulli, proveniente dalle attività illecite della donna.
Vengono tutti arrestati. Ma chi è Leonarda Cianciulli?

La donna nasce dall’agricoltore Mariano Cianciulli e da Serafina Marano a Montella in provincia di Avellino il 18 aprile 1894.
Il suo nome per esteso è Leonarda Vincenza Giuseppa Cianciulli, detta Nardina o Norina.
Ultima di sei figli, ha studiato solo fino alla terza elementare, forse soffrendo di attacchi di epilessia e tentando alcune volte il suicidio.
All’età di 23 anni, nel 1917, si sposa con Raffaele Pansardi, originario del paese di Lauria, in provincia di Potenza.
L’uomo è un rispettabile impiegato del catasto locale.
La coppia si sposta tra Montella, Lauria e Lacedonia dove Leonarda pare che venga additata dai compaesani come donna di facili costumi. Secondo una ricerca svolta da Fausto Bassini, esisterebbe un documento dove la Cianciulli viene definita come “pubblica meretrice”.
Nel Casellario Giudiziario Permanente della Questura di Reggio Emilia, a carico di Leonarda Cianciulli, risultano una condanna per furto a Montella e due condanne per truffa.
In seguito al terremoto del Vulture del 1930 la famiglia si trasferisce a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, dove Raffaele Pansardi continuerà a lavorare per lo Stato, all’Ufficio del Registro.
Nonostante il magro stipendio del marito la famiglia riesce a mantenere un certo tenore di vita.
La coppia mette al mondo dodici figli, ma ne sopravvivono solo quattro. Leonarda avrà sempre per casa anche una domestica che l’aiuterà nelle faccende di casa.
Prima una certa Nella Barigazzi e poi Ardilia Diacci.
In paese, grazie al lavoro del marito, la famiglia è rispettata e vince le diffidenze dei correggesi, integrandosi perfettamente nel tessuto sociale dell’Italia del ventennio fascista.
A Correggio le donne scomparse e riconducibili alla Cianciulli sono almeno tre: Ermelinda Faustina Setti, Clementina Soavi e Virginia Cacioppo.
Arrestata Leonarda, altri la seguono presto in carcere: il figlio Giuseppe Pansardi, che lei chiama Peppuccio, Abelardo Spinabelli, Medardo Mariani, Emilio Vezzani e Don Adelmo Frattini.
Vengono tutti fermati ed interrogati, ma negano ogni addebito.
Poi, vengono anche fermate le domestiche che sino avvicendate in casa della donna: prima Nella Barigazzi e poi Ardilia Diacci.
Queste ultime però vengono rilasciate quasi immediatamente perché appare evidente la loro estraneità ai fatti.
Per altri ci vorrà un po’ più tempo: Medardo Mariani aveva solo comprato la casa di una delle vittime, Emilio Vezzani si era fatto prestare del denaro dalla Cianciulli, ma non ne conosceva la provenienza.
Per gli altri vedremo in seguito.
L’unico che manca all’appello è il marito: Raffaele Pansardi.
Viene ovviamente interrogato, ma mai sospettato. Lui in fondo era sempre al cinema quando non era al lavoro.
A casa ci andava soltanto per mangiare e dormire.

Intanto Leonarda, alle prese con i pressanti interrogatori e con la notizia dell’arresto del figlio, inizia a cantare, ma il motivetto non è sempre lo stesso. Come vedremo la donna cambia molte versioni, coinvolgendo o scagionando altri personaggi. In ogni caso, piano piano, confessa tutti e tre i delitti.
La prima vittima fu la vedova Ermelinda Faustina Setti, detta "Rabitti" perché questo era il cognome del marito.
Era una donna di settant'anni, sola e quasi analfabeta.
La storia che ci viene tramandata è che la Cianciulli la convinse che un uomo, a Pola, l’avrebbe sposata e che non sarebbe più rimasta sola.
Avrebbe dovuto partire in fretta, vendere le sue sostanze ed affidarle alla stessa Cianciulli, che le avrebbe amministrate lei per poi farle avere i ricavati una volta trasferitasi a Pola.
Il giorno fissato per la partenza, il 17 dicembre 1939, Faustina si reca a casa della Cianciulli e le fa scrivere una lettera da spedire a parenti ed amici una volta giunta a Pola.
Proprio in questa occasione, la Cianciulli si fa firmare una delega per vendere e gestire tutti i suoi beni.
Nessuno vide mai più la Rabitti in giro per il paese.
La vittima successiva fu Francesca Clementina Soavi, un’ex insegnante di 55 anni alla quale la Cianciulli raccontava di averle trovato un posto in un collegio femminile di Piacenza.
Anche in questo caso la donna scompare all’interno dell’appartamento di Via Cavour 11 a Correggio, dove Leonarda la convince a scrivere delle cartoline da indirizzare ai parenti: stesso modus operandi.
A differenza dell’omicidio precedente, con quello della Soavi ha ricavato poco denaro, ma su questo particolare torneremo più avanti. Secondo l’accusa, al processo che si terrà anni dopo, il figlio della Cianciulli, Giuseppe, andò a Piacenza a spedire le lettere della Soavi per depistare.
Mentre la scomparsa della Setti non aveva allarmato nessuno, quella della Soavi iniziò a destare qualche sospetto in paese, dato che - contrariamente alle indicazioni di Leonarda - la Soavi, felice di intraprendere una nuova vita, aveva raccontato in giro della sua imminente partenza.
Siamo già a due donne, che si sarebbero allontanate in pochi mesi senza dare più notizie, tutte legate a Leonarda Cianciulli.
Fu la scomparsa della terza vittima fare iniziare sul serio le indagini.
La vedova Albertina Fanti era molto legata alla cognata Virginia Cacioppo, 59 anni, ex cantante lirica, un tempo anche di successo.
Diplomata al Conservatorio di Milano aveva recitato in opere di Puccini e Verdi in diversi teatri italiani.
Ormai fuori dalle scene, Virginia Cacioppo si era ritirata dai parenti a Correggio. Leonarda le tese un tranello offrendole un posto da segretaria in un teatro a Firenze, convincendola che col suo curriculum avrebbe anche persuaso qualche impresario teatrale a farla tornare in scena.
Virginia scompare il 30 novembre 1940 dopo aver confidato a qualche amica i suoi piani e che sarebbe andata a casa di Leonarda Cianciulli.
Tre donne scomparse i cui ultimi movimenti portano alla stessa casa, quella di Via Cavour 11.
Ma che fine hanno fatto i cadaveri?
Qui inizia la leggenda nera della Saponificatrice di Correggio.

In uno dei primi interrogatori la donna racconta che il 18 dicembre 1939 invitò Faustina Setti a casa sua. Dopo aver mandato via la domestica, la Cianciulli offrì alla Setti un caffè che la fece addormentare, poi la strangolò e la fece a pezzi con una scure e un coltello.
Il giorno dopo, mentre la sua famiglia era al cinema, bollì i pezzi del corpo della Setti in una caldaia con soda caustica e acqua calda.
Una volta terminato il processo, la donna trovò una sostanza "saponosa" che ripose in alcune cassette di legno.
Infine, per sviare, mostrò alla domestica due pezzi di sapone commerciale, dicendole di aver fatto del sapone in casa.

A partire dal suo primo interrogatorio, la Cianciulli chiama in correità Abelardo Spinabelli, l’agricoltore e norcino a cui la donna aveva dato il buono del tesoro della Cacioppo, da far cambiare al prete Don Frattini.
Sempre in questa occasione, tira in ballo anche un certo Aristide Sacchetti, un correggese deceduto poco tempo prima per morte naturale.
La Cianciulli racconta che la saponificazione fu un’idea sua. Spinabelli avrebbe preferito macinare la carne, mentre il Sacchetti optava per disperdere di qua e di là i resti del cadavere.
Le due cassette, contenenti i resti mortali trasformati in sapone, sarebbero state trasportate da Sacchetti in bicicletta al canale di Porta Reggio e qui gettate nella corrente insieme ai vestiti della vittima.
L’omicidio della Setti ha fruttato 31.000 lire - corrispondenti a 27.000 euro odierni - oltre a due uova ed un tozzo di pane che la vittima aveva con sé.
Nel suo interrogatorio la Cianciulli racconta che conservò per sé 2.000 lire, 5.000 le diede al Sacchetti al quale diede anche 2000 lire per un fantomatico ricattatore che sapeva tutto.
Le rimanenti 22.000 lire le consegnò allo Spinabelli.
Questi avrebbe dovuto portare l’intera somma la “Gran Sacerdote”. Ma chi sarebbe?
È la stessa Cianciulli a raccontarlo nei primi interrogatori.
Nel settembre 1939 cadono malati i figli Bernardo e Norma e Leonarda confida la sua triste situazione ad Abelardo Spinabelli, dal quale si era recata per acquistare del burro.
In realtà girava voce che lo Spinabelli e la Cianciulli fossero amanti: circostanza smentita poi dall’uomo.
Esso le disse - queste sono le parole della donna - che vi era un gran sacerdote “che poteva scongiurare il mio destino evitando che accadessero altre disgrazie nella mia famiglia”.
Il giorno dopo, mentre era seduta in una panchina dei giardinetti di Correggio, le si avvicina una donna anziana sconosciuta che le chiede della sua bambina. La Cianciulli venne quindi a sapere che lei era la “Chiromante del Gran Sacerdote, il quale era in grado di fare dei miracoli mutando il destino della gente”.
Questo oscuro racconto ha un seguito: due o tre giorni dopo, la Cianciulli, sempre nello stesso parco, incontra la stessa donna in compagnia di un’altra, anch’essa anziana, che le descrivono i prodigi del Gran Sacerdote.
La Cianciulli racconta: «Mi dissero che per il caso mio dovevo cominciare a fare molte torte e dolci, da distribuire a persone amiche e conoscenti per addolcire il cuore del Dio sdegnato. Io eseguii quest’ordine».
Altri due o tre giorni dopo, sempre le stesse donnette, le dissero che: «Per placare l’ira del destino occorrevano: due anime, due volpi, due paletot e due vestiti e duecentomila lire. A me mancavano le due anime e le duecentomila lire e da allora mi adoperai per procurarle».
Parlò di questo fatto con Spinabelli che confermò quanto le era stato detto dalle due sconosciute e poi con Aristide Sacchetti che aveva incontrato diverse volte in casa di Faustina Setti, della quale era coinquilino.
Il Sacchetti che all’epoca degli interrogatori era già morto, dopo la Pasqua del 1940, in ospedale a Correggio; le propose come anima proprio quella della Faustina perché non aveva famiglia e poteva realizzare denaro vendendo la casa a Medardo Mariani.

Per quanto tutto questo sia molto interessante e suggestivo, la verità è che Leonarda Cianciulli cambia versione in quasi tutti gli interrogatori: non completamente, a volte aggiunge altri particolari che confermano o smentiscono le dichiarazioni precedenti.
Dobbiamo ricordare che siamo durante la Guerra, nel 1941, e che per i reati di cui sono accusati gli imputati è prevista la pena di morte e che Peppuccio, il figlio di Leonarda, è tra i principali indiziati.
Quanto c’è di vero in questi racconti? Fino a che punto la follia è simulata?
In un altro interrogatori la Cianciulli racconta di aver fatto fare a pezzi la Setti a casa di Sacchetti (quello morto) e che sarebbe stato pagato da lei.
Inoltre siccome Sacchetti aveva sostenuto di essere stato visto mentre si liberava dei resti saponificati nel canale, lei versò la somma di 500 lire a Quirino Codeluppi detto Naccio, potente gerarca fascista di Correggio. Nell’interrogatorio dell’ 8 maggio 1941, la Cianciulli confessa esplicitamente che esecutori materiali del delitto sono stati lei e Sacchetti, mentre invece “l’istigatore” sarebbe stato Abelardo Spinabelli. Il Vezzani non era al corrente dei delitti.
Secondo Leonarda, fu proprio Vezzani a presentare Spinabelli alla Cianciulli nell’agosto del 1939. Appena conosciuta le chiese un prestito per il matrimonio della figlia. La Cianciulli gli rispose che al momento non poteva disporre della somma ma che l’avrebbe ricontattato. In dicembre, dopo aver consumato il primo, la Cianciulli ottenne i soldi, ma Spinabelli non ne avrebbe avuto più bisogno perché se li era già procurati altrove. Tuttavia, in quei giorni, fu Vezzani a chiedere un prestito alla Cianciulli, prima di 10.000 lire, poi di altre 8.000 lire, entrambe le due somme garantite da cambiali avallate da Spinabelli.
Il secondo prestito fu restituito a rate in denaro e in natura.
Come vedete, le dichiarazioni cambiano.
Prima la Cianciulli chiama in correità Spinabelli, poi lo tiene fuori, raccontando una strana storia di soldi prestati ad una persona appena conosciuta.
Quello che sembra emergere, non soltanto da questa dichiarazione, ma anche da molte altre, è che i delitti della Cianciulli si sono consumati per procurare del denaro da prestare ad usura: una vera e propria associazione a delinquere che uccideva per rapina, per poi reinvestire la refurtiva.
Quindi la storia del Gran Sacerdote e della vecchia chiromante è tutta una fandonia? Forse no.
L’ammontare del bottino ricavato per tutti e tre i delitti è di 103.500 lire, pari a circa 80.000 euro attuali. Calcolando l’ammontare del denaro prestato dalla Cianciulli e di alcune spese fatte, otteniamo 40.000 lire.
Che fine ha fatto la parte restante del denaro? Ma non è il solo mistero che ruota attorno ai soldi.
Alla prima vittima Faustina Setti sono state sottratte 31.000 lire, a Clementina Soavi 3.000 lire ed a Virginia Cacioppo 69.500 lire tra titoli, gioielli e contanti.
I conti tornano.
Quello che stona però è il movente di sole 3.000 lire per la Soavi.
Di tutti e tre gli omicidi, quello della Soavi è il più difficile da farle confessare. Crollerà soltanto per fugare i sospetti nei confronti del f iglio Giuseppe.
Sicuramente due delle vittime erano in rapporti di amicizia con la Cianciulli e queste sono la Setti e la Soavi.
Faustina Setti detta Rabitti era l’amica di vecchia data, conosciuta nel 1931 appena arrivata a Correggio con la famiglia.
Pare sia stata lei portare Leonarda da un indovino così come fece anche la Soavi che - a dire della Cianciulli - l’avrebbe portata al cospetto di un “Gran sacerdote, un’eccellenza”.
Con la confessione dei delitti continua l’istruttoria.
Se la posizione di Mariani e Vezzali è presto chiarita, per quanto riguarda Spinabelli le cose sono più complesse.
Oltre ad essere stato chiamato più volte in correità dalla Cianciulli ed aver dato a Don Frattini il Buono del Tesoro, gli vengono ritrovati a casa sua i gioielli di Virginia Cacioppo.
Questo è molto più difficile da spiegare di un Buono.
Considerando poi che erano anche occultati all’interno di uno strano manufatto di cemento, lo rende ancora più difficile.
Bisognerà aspettare ancora qualche anno, almeno un paio, perché la Cianciulli, intuendo che l’Istruttoria punta ad incriminare anche il figlio Giuseppe Pansardi, cambi nuovamente strategia.
Il figlio Peppuccio non c’entra nulla.
Abelardo Spinabelli? È innocente come tutti gli altri ed ha soltanto avuto la colpa di entrare in affari con la Cianciulli. Sono tutti innocenti, tranne lei. Leonarda inizia ad addossarsi tutte le colpe.
Data la mostruosità dei crimini confessati dalla donna, il Giudice Istruttore ordina una perizia psichiatrica per capire se la Cianciulli era capace di intendere e di volere quando commise i delitti.
Viene quindi trasferita dal carcere di Reggio Emilia al Manicomio Giudiziario di Aversa.
Gian Guido Zurli