Che fine fecero i cadaveri delle vittime della Cianciulli?
Il Giallo del memoriale, la perizia psichiatrica, il processo di Reggio Emilia nel 1946 e le leggende metropolitane intorno a questa storia.
Quale fu il movente dei delitti? Rapina, sacrifici umani o entrambi?
Le possibili altre vittime ed una teoria inedita che collega la Saponificatrice ad una chiromante coinvolta in omicidi avvenuti precedentemente.
Mentre la detenuta Cianciulli si trova in manicomio al sud, coloro che in un primo momento erano stati ritenuti complici, Emilio Vezzani, Medardo Mariani e Don Adelmo Frattini, vengono rimessi presto in libertà. Restano in carcere il figlio della donna, Giuseppe Pansardi e l’agricoltore Abelardo Spinabelli.
Il Giudice Istruttore di Reggio Emilia vuole vederci chiaro, non è così convinto che le dichiarazioni della donna - al limite della credibilità - corrispondano davvero a come si sono svolti i fatti. Leonarda Cianciulli viene affidata nelle mani di uno psichiatra che era considerato all’epoca un vero luminare.

Si tratta del Prof. Filippo Saporito che subentrò alla direzione del manicomio di Aversa a Gaspare Virgilio, suo maestro e seguace delle teorie di Cesare Lombroso ed Enrico Ferri.
Fu autore di molte pubblicazioni scientifiche nonché perito psichiatra in numerosi casi celebri, da Vincenzo Paternò - autore dell’omicidio della Contessa Giulia Trigona - al brigante Giuseppe Musolino.
Ma è nel dopoguerra che crebbe la sua popolarità con le sue perizie sui casi di donne assassine, come la chiromante Maritza, Rina Fort e la contessa Pia Bellentani; e ovviamente anche Leonarda Cianciulli.
Oltre alle misurazioni antropometriche e a colloqui con il paziente, uno dei metodi utilizzati da Saporito per conoscerlo meglio, era quello di fargli scrivere di suo pugno un memoriale. Il memoriale di Leonarda Cianciulli è lunghissimo; si contano circa 700 pagine.
Viene battuto a macchina e rilegato. Al suo interno la donna racconta dei suoi trascorsi, dei tentativi di suicidio in gioventù, degli attacchi epilettici, del matrimonio con Raffaele Pansardi; ma soprattutto delle disgrazie che hanno afflitto la sua vita.
La donna ebbe un rapporto molto difficile e complicato con la madre che - a detta di Leonarda - l’avrebbe maledetta prima di morire, dicendole che tutti i suoi figli sarebbero nati morti.
La Cianciulli racconta infatti che dopo il matrimonio ha avuto ben 13 gravidanze, concluse tutte con degli aborti spontanei.
Dopo aver consultato una cosiddetta maga, le cose sarebbero andate per il meglio, sconfiggendo così la maledizione materna e mettendo alla luce quattro f igli sani: Norma, Biagio, Bernardo e il suo prediletto Giuseppe.
Verso la fine del 1939 i figli più piccoli Norma e Bernardo si ammalano. Soffiano inoltre venti di guerra e Giuseppe potrebbe essere chiamato alle armi e cadere in combattimento. L’ombra della maledizione materna sembra riaffacciarsi.

Come aveva già raccontato in un suo interrogatorio, la Cianciulli narra di essere stato introdotta ad un Gran Sacerdote che l’avrebbe protetta.
Stavolta però non parla di una vecchia chiromante e di una sua amica, bensì di una generica zingara che le avrebbe consigliato di procurare delle anime da sacrificare alla Dea Teti in cambio delle vite dei suoi figli. Decide quindi di mettere in pratica i suoi consigli commettendo l’omicidio di Faustina Setti. Dopo l’inizio di questi veri e propri sacrifici umani, la Cianciulli racconta che le cose iniziarono ad andare meglio. Il denaro guadagnato con gli omicidi di Faustina Setti e di Virginia Cacioppo non sarebbe altro che uno sfruttamento delle circostanze, infatti tutti quei beni, con la guerra alle porte, facevano molto comodo. Leonarda racconta anche come si è sbarazzata da sola dei cadaveri delle tre donne. Prima mandando fuori l’intera famiglia con delle scuse - domestica compresa - poi facendo a pezzi le vittime, inserendole all’interno di un calderone con acqua e soda caustica e qui sarebbero state sciolte la carne e le ossa trasformando tutto in sapone. L’intruglio sarebbe poi stato tutto gettato in un canale o in un pozzo nero. Alla luce dei racconti della donna, secondo le conclusioni di Filippo Saporito, la Cianciulli non era capace di intendere e di volere al momento in cui i delitti sono stati commessi. Ora rimane da fare soltanto una sentenza che lo certifichi. Ma il processo non si può celebrare, perché siamo arrivati a dopo l’8 settembre 1943. L’Italia si trova divisa in due. Al nord, dove si deve celebrare il processo, c’è l’occupazione tedesca, mentre al sud, dove si trova la Cianciulli, ci sono gli Alleati. Tutto rimandato.
Nel frattempo, il 16 giugno 1943, il Giudice Istruttore decide di scarcerare Abelardo Spinabelli, mentre Giuseppe Pansardi rimane detenuto. Gli inquirenti però, fin dalla primavera del 1941, cercano di capire davvero che fine possano aver fatto i resti mortali delle tre donne, perché di loro non c’è nessuna traccia. Il 22 aprile 1941, l’Agente Tecnico Domenico Gassi del Gabinetto di Polizia Scientifica di Parma, effettua un sopralluogo nella casa di via Cavour 11, scattando numerose lastre fotografiche e trovando molto poco: c’è il calderone dove le vittime sarebbero state saponificate, c’è un pezzo insanguinato del giornale la Gazzetta dello Sport del 2 dicembre 1940 - uscito due giorni dopo la scomparsa della Cacioppo - e ci sono anche gli attrezzi che la Cianciulli avrebbe adoperato durante le operazioni di smembramento dei cadaveri, recuperati un po’ qua e un po’ là.
Troppo poco per avere dei riscontri sostenibili in giudizio. Viene affidato l’incarico al Prof. Crema, medico legale dell’Università di Modena, di provare a rintracciare altre prove a casa della donna.
Qualcosa riesce a trovare. Vengono recuperati dei resti di abiti femminili lacerati, alcuni dei quali all’interno del pozzo nero di Via Cavour 11 a Correggio. Ci sono però anche dei pezzi di ossa umane, molto piccoli, tra cui un frammento di calotta cranica e dei posticci per capelli.
Infine viene trovata una dentiera che viene riconosciuta per quella appartenente a Virginia Cacioppo, nonché delle tracce di sangue in alcuni angoli della casa.

Questo è quanto può fare la scienza dell’epoca.
Terminata la Guerra il procedimento penale può finalmente riprendere. Ricevuta la perizia psichiatrica con il memoriale allegato, la Cianciulli torna finalmente a Reggio Emilia e conferma al Giudice Istruttore quanto detto al perito in merito agli omicidi ed al movente che l’avrebbe spinta.
Il Giudice Istruttore quindi proscioglie definitivamente Don Adelmo Frattini, Medardo Mariani ed Emilio Vezzani.
Incredibilmente, nonostante la presenza dei gioielli occultati a casa sua, proscioglie anche Abelardo Spinabelli, la cui posizione passa da quella di imputato a testimone.
Il Giudice però non si fida fino in fondo delle dichiarazioni della donna. Fatica a credere che possa aver fatto tutto da sola e la rinvia a giudizio assieme al figlio Giuseppe Pansardi. Il 12 giugno 1946 inizia alla Corte D’Assise di Reggio Emilia il processo contro Leonarda Cianciulli e Giuseppe Pansardi.
Sono accusati dei tre omicidi di Faustina Setti, Francesca Clementina Soavi e Virginia Cacioppo, tutti commessi a scopo di rapina.
L’imputata è però poco preoccupata per la sua sorte, anzi, interrompe ripetutamente lo svolgimento delle udienze per intervenire in difesa del figlio, addossandosi l’intera responsabilità per tutti gli omicidi. Sfilano i testimoni, uno ad uno e si fa fatica a rintracciare la domestica della Cianciulli, Nella Barigazzi.
Viene trovata al sud e portata a Reggio Emilia davanti ai giudici. L’imputata viene anche messa a confronto con Abelardo Spinabelli, ora in veste di testimone che diede il buono del tesoro di Virginia Cacioppo da far cambiare al parroco Don Frattini.
Però non tutti si sono però scordati che i gioielli dell’ultima vittima vennero proprio ritrovati a casa sua. Tutti, soprattutto nell’opinione pubblica, sono convinti che la Cianciulli non abbia agito da sola.
Se il figlio è innocente, allora il complice poteva essere proprio Spinabelli. Ma Leonarda non ci sta e si batte come una leonessa per dimostrare che ha agito da sola.

Vengono sentiti i periti. Il prof. Crema sostiene di aver trovato prove e riscontri degli omicidi avvenuti in casa della Cianciulli.
Ci sono frammenti d’ossa umane e tracce di sangue che ovviamente, con i mezzi scientifici dell’epoca, non possono essere identificati. Viene domandato al perito se il racconto fatto dalla Cianciulli sia credibile o meno.
Secondo il Prof. Crema è possibile in effetti trasformare dei resti umani in sapone, come avevano fatto in tempi recenti i nazisti in Germania e così come si crea appunto il sapone con animali, come ad esempio i maiali.
Tuttavia il processo di saponificazione di un corpo umano è più complesso rispetto a quello degli animali, richiede attrezzature molto più sofisticate.
Il calderone che la Cianciulli dichiara di avere utilizzato è troppo piccolo e i pezzi delle vittime potevano entrare a malapena. Inoltre c’è un problema di temperatura. Il fuoco sotto il paiolo non sarebbe stato sufficiente a raggiungere la temperatura necessaria per completare il processo di saponificazione.
Ma non sono gli unici misteri che aleggiano al processo di Reggio Emilia.
Si torna a parlare di Naccio Codeluppi, il gerarca fascista che avrebbe forse protetto le gesta dell’imputata e che nel frattempo è morto durante la Guerra. Ci si domanda anche se le tre vittime siano state le uniche. In questa storia ci sono altre morti capitate provvidenzialmente, ad esempio quella di Aristide Sacchetti, morto nell’ottobre 1940 all’ospedale di Correggio.
Coinquilino di Faustina Setti, muore a cavallo tra il secondo ed il terzo omicidio. L’uomo era stata più volte chiamato in causa dalla stessa Cianciulli, ma il suo cadavere, riesumato, non ha presentato tracce di veleno.
C’è poi una donna che si fa viva in aula domandando giustizia. Si tratta di una parente di una certa Maria Luigia Olivi, scomparsa da Correggio nel 1933 senza lasciare tracce.
Pare che anche la Olivi fosse in rapporti di conoscenza con la Cianciulli che nega però di avere una qualche responsabilità nella scomparsa.

Le udienze si alternano tra deposizioni di testimoni e dichiarazioni più o meno deliranti dell’imputata. Il processo dura circa un mese.
I difensori cercano l’assoluzione per Giuseppe Pansardi ed una pena mite per la Cianciulli per vizio di mente. Il pubblico ministero invece fa una richiesta pesante: 24 anni per Giuseppe Pansardi e l’ergastolo per la Cianciulli.
Il 20 Luglio 1946 la Corte D’Assise di Reggio Emilia riconosce un vizio parziale di mente all’imputata e la condanna a 30 anni di reclusione da scontare in un manicomio giudiziario: quello di Aversa. Giuseppe Pansardi invece è assolto con la formula dubitativa dell’insufficienza di prove. Per la donna è un vero trionfo e ringrazia i giudici.
Successivamente la Corte di Cassazione confermerà la sentenza contro la Cianciulli, ma assolverà con formula piena il figlio Giuseppe Pansardi.
Per la giustizia italiana Peppuccio è innocente, esattamente come diceva Leonarda, quindi se qualcuno l’ha aiutata, non è stato lui.
Al di là dell’assoluzione di Giuseppe Pansardi, su cui possiamo essere o meno d’accordo, ci sono molti fatti assurdi presenti nella sentenza.
Per la legge italiana Leonarda Cianciulli ha ucciso, fatto a pezzi e saponificato le sue vittime; tutto da sola e senza l’aiuto di complici.
Questa è la verità giudiziaria, nonostante la perizia Crema smentisca, non solo il fatto che possa aver agito in solitudine, ma anche la possibilità che quei cadaveri potessero sparire in un canale o in un pozzo nero sotto forma di sapone.
Vediamo tutto ciò che non torna. Prima cosa: gli omicidi sono avvenuti veramente?
È innegabile che la scomparsa di quelle tre donne sia riconducibile alla Cianciulli, ma non ci sono prove che tutti gli omicidi siano avvenuti in quella casa di Via Cavour 11.
Soltanto per l’ultimo delitto, quello di Virginia Cacioppo, ci sono molti indizi gravi che confermano che il delitto sia avvenuto proprio in quella casa. Ci sono i frammenti d’osso e resti di vestiti, nonché un pezzo di giornale insanguinato e datato due giorni dopo il delitto.
Ma i primi due omicidi e lo smembramento delle relative vittime potrebbero essere avvenuti altrove, magari a casa di un complice.
Abbiamo ormai capito che la saponificazione delle vittime non è mai avvenuta. Quindi che fine potrebbero aver fatto i corpi?
Con molte probabilità sono state effettivamente fatte a pezzi ed un po’ per volta qualcuno li ha fatti sparire da qualche parte, dove non sono mai stati ritrovati.
Si è parlato di molti possibili posti, anche all’epoca, come delle buche o dei canali, persino i navigli a Milano, dove Peppuccio studiava all’Università.
C’è poi il mistero del memoriale della Cianciulli, che rappresenta un vero e proprio giallo mai risolto.
Questo documento, spesso e volentieri, non veniva consegnato ai magistrati insieme alla perizia. In questo caso il memoriale di 700 pagine è stato allegato alla relazione di Saporito, ma non è l’originale.
Si tratta di un dattiloscritto molto voluminoso, quindi di una copia.
Che fine abbia fatto l’originale non si sa, non è mai stato trovato.
Numerose ricerche condotto da Fausto Bassini non hanno permesso di rintracciarlo nell’archivio dell’ex manicomio di Aversa.
Forse faceva parte delle carte personali di Filippo Saporito e non si sa se i suoi discendenti le conservino ancora.
Ma perché sarebbe così importante?
Come abbiamo detto si tratta di 700 pagine, scritte in un italiano decente ed a volte farcito di citazioni colte sul mondo classico.
Molti sospettano che sia troppo sofisticato e voluminoso per una donna che ha studiato fino alla terza elementare.
Il caso è proprio tutto in quel memoriale.
Lo ha scritto davvero lei?
Qualcuno le ha suggerito il contenuto?
Magari proprio il movente dei sacrifici umani per salvare i suoi figli dall’ira del Dio Sdegnato?
Ma quale è lo scopo di questa messinscena?
Anche questo è un mistero.
Se il movente dei delitti è stata la rapina ed è stato commesso insieme ad altri personaggi prosciolti nell’inchiesta istruttoria, non si capisce perché degli anonimi agricoltori abbiano goduto di una protezione così elevata. Un’eventuale complicità o istigazione da parte di un gerarca fascista avrebbe anche potuto portare ad un insabbiamento delle indagini o ad indirizzarle verso una verità alternativa, ma alla fine della Seconda Guerra Mondiale i timori nei confronti del fascismo erano finiti.
A questo punto il caso della Saponificatrice di Correggio, più che la vicenda di una donna serial killer, assomiglierebbe ad un cosiddetto Mistero d’Italia, aprendo alla possibilità della presenza di un livello superiore.
Da un lato avremmo la Cianciulli, assieme a dei complici non individuati dalla Giustizia; dall’altro un gruppo di mandanti che hanno incitato a commettere i delitti e non solo per rubare del denaro.
Infatti il movente economico non spiega l’omicidio di Francesca Soavi, uccisa per sole 3000 lire, pari a poco più di 2000 euro.
È qui che torna in ballo l’ipotesi del movente esoterico, forse solo in parte raccontato dalla Cianciulli. Poteva esserci forse una setta, un gruppo di persone che commissionava omicidi per scopi occulti e, perché no, anche per un po’ di denaro.

Una simile organizzazione la ritroviamo nello stesso periodo a Parma, a soli 50 km in linea d’aria da Correggio.
Il 17 Giugno 1939 viene arrestata a Parma la chiromante Bice Carrara, in arte Maritza, perché ha ucciso la sua bambina adottiva. Il giorno successivo si scoprirà che Maritza ha ucciso anche una sua amica, facendola a pezzi e murandola in una nicchia del bagno di casa.
Attribuibili alla chiromante, ci sono almeno altri tre omicidi, compiuti tra il 1926 ed il 1936.
Tre mesi dopo l’arresto della Carrara, Leonarda Cianciulli avrebbe incontrato quelle strane donne ai giardinetti di Correggio che l’avrebbero introdotta al Gran Sacerdote.
Ma se l’incontro fosse avvenuto prima? In ogni caso, cinque mesi dopo la cattura di Maritza, Leonarda Cianciulli inizia ad uccidere con modalità simili, come se si fossero date il cambio.
Bice Carrara muore in circostanze misteriose il 2 giugno 1941, proprio mentre l’istruttoria dei fatti di Correggio è ancora in corso.
Le due donne si sono mai conosciute? No, o almeno non esistono prove di questo. Tuttavia è la Cianciulli stessa a raccontare nel memoriale che si recava anche nelle province limitrofe, tra cui Parma, da delle chiromanti, guidando una moto ed in compagnia del defunto Aristide Sacchetti.
Pare che ci siano state anche frequentazioni simili in compagina di Francesca Soavi, la vittima che ha fruttato poco denaro.
Ci stiamo ancora lavorando, ma scavando a fondo, siamo riusciti a trovare dei personaggi avevano a che fare con Bice Carrara e che curiosamente sono entrati in contatto con alcune persone arrestate assieme alla Cianciulli e poi prosciolte in istruttoria.
È difficile capire cosa c’è di vero o meno, sia nelle dichiarazioni in istruttoria da parte della Cianciulli sia nel suo memoriale.
Anche la questione dei dodici o tredici figli morti andrebbe approfondita con uno studio accurato sull’albero genealogico della famiglia Pansardi Cianciulli. Leonarda ad esempio racconta di essere stata salvata da una maga dalla maledizione materna prima di trasferirsi a Correggio.
Eppure la moria di figli non sembra terminata, dato che la Cianciulli dà alla luce una bambina - Italia Pansardi - nel febbraio 1934 e che morirà dopo solo 9 giorni di vita.
Ci sono poi una serie di leggende metropolitane che sono nate intorno alle gesta della Saponificatrice di Correggio, in parte create da alcune dichiarazioni della Cianciulli, poi ampliate dalla voce pubblica.
Queste vanno da macabri torte e dolcetti realizzati con i resti delle vittime o saponette ricavate dai cadaveri e regalate a vicini e amiche.
Inoltre circola anche la leggenda che per dimostrare di essere stata la sola ad agire, i giudici le avrebbero dato a disposizione il cadavere di un senza tetto per ripetere davanti a loro tutta la macabra operazione.
In realtà fu una richiesta fatta durante il processo dalla stessa Cianciulli ed ovviamente non esaudita dalla Corte.
Siccome all’epoca del processo non erano previsti tre gradi di giudizio - che arriveranno qualche anno dopo nell’ordinamento italiano - nel 1960 la Cianciulli chiede un secondo processo presso la Corte D’Assise D’Appello di Bologna, ma le viene negato perché ormai il suo processo è considerato passato in giudicato.
Forse Leonarda non si è resa conto che con un secondo processo d’appello, anche il Pubblico Ministero avrebbe potuto ricorrere contro l’assoluzione del figlio, che intanto si era rifatto una vita lontano da Correggio come preside in una scuola. Leonarda Cianciulli, alla chiusura del Manicomio Giudiziario di Aversa, viene trasferita in quello di Pozzuoli, dove muore il 15 ottobre 1970 all’età di 78 anni, portandosi tutti i suoi segreti nella tomba.
Gian Guido Zurli